.sergio.
2008-05-13 12:43:39 UTC
Il fascismo moderno di Alemanno
Bruno Bongiovanni
Gianni Alemanno, in una intervista al Sunday Times riportata e commentata
ieri dal Corriere della Sera e da la Stampa, ha dichiarato che il fascismo
- quello storico - fu fondamentale per modernizzare lItalia. Alemanno
rifiuta inoltre di dichiararsi ora fascista. Giù però con le intenerite
litanie sulle paludi prosciugate e sulle infrastrutture. Cè comunque
dellautentico in tutto ciò. Il sindaco di Roma deve tuttavia ammettere
che laltro fascismo, quello nordico, ovverosia il prezioso alleato
nazionalsocialista, fu, pur con qualche nibelungico arcaismo, ben più
moderno del regime italiano: non si dimentichino le autostrade,
lamministrazione, le Università.
E poi lesercito, la marcia verso il rapido conseguimento della piena
occupazione, i prodromi di un Welfare ariano e solo ariano, i campi di
concentramento assai meglio funzionanti, e letali, dei Lager del duce
collaborazionista. Alemanno, a ogni buon conto, ritiene evidentemente che
la modernizzazione, quella piccola di Mussolini, e verosimilmente anche
quella grande del Führer, sia sempre e comunque una cosa buona e giusta.
Anche il Ku-Klux Klan, forse Alemanno non lo sa, si è espresso, linciando
i neri, a favore della modernità. E il modernissimo businessman Henry
Ford, uno dei più grandi industriali del XX secolo, ha pubblicato e
diffuso più volte, negli Usa, con finalità antisemitiche, «I protocolli
dei Savi dei Sion».
Fini, del resto, nel luglio 1991 dichiarò che «il Msi deve saper essere
anche figlio di puttana». Nel luglio del 1991 che «siamo il Fascismo del
duemila». Nel maggio 1992 che «il fascismo è idealmente vivo». Nel
settembre 1992 che «Mussolini è stato il più grande statista del secolo»,
frase ripetuta ancora nel giugno 1994, a elezioni sdogananti già vinte
insieme a Berlusconi e Bossi. Ora sostiene che si è svincolato dalla
nostalgia. Forse, come ebbe a dire proprio Mussolini - una gran frase con
brividi staliniani, quella del duce - avverte solo la nostalgia del
futuro. Ossia il culto della modernità alemanniana. Ha ragione oggi, come
aveva ragione nel 1992. È questo, quello che abbiamo davanti, il fascismo
del duemila, senza i gas lanciati in Etiopia, senza camicie nere, senza
uno straccio di Hitler con cui fare merenda, ma con turgori xenofobi,
populismi demagogici, uno smandrappato autoritarismo nostalgico non di
Roma 1922 ma forse di Genova 2001, e qualche saluto romano - un
citazionismo postmoderno? - davanti al Campidoglio. Con questo non voglio
dire che si devono girare le spalle alla modernità. Tuttaltro. Ma che si
deve scegliere tra modernità e modernità.
Non ci siamo del resto mossi granché. Norberto Bobbio, infatti, ebbe
precocemente a scrivere il 20 marzo 1994, su la Stampa, che il
berlusconismo, diversissimo per carità dal fascismo storico, è
gobettianamente lautobiografia della nazione. Ossia una malattia morale e
ridanciana che ci ha contagiati tutti. Lautobiografia ha soprattutto
subito inglobato i post-fascisti storici (An ex-Msi), rendendoli veramente
i fascisti del duemila, nuovi, moderni, senza manganello e senza
doppiopetto. Siamo ancora ben dentro tutto questo. Quella parentesi là,
per dirla con Croce, durò ventanni più venti mesi in toto nazificati.
Questa qua, decisamente più soft grazie a Dio, è già durata quattordici
anni, sia pure con qualche interludio. Alla fine le due avranno la stessa
lunghezza.
Bruno Bongiovanni
Gianni Alemanno, in una intervista al Sunday Times riportata e commentata
ieri dal Corriere della Sera e da la Stampa, ha dichiarato che il fascismo
- quello storico - fu fondamentale per modernizzare lItalia. Alemanno
rifiuta inoltre di dichiararsi ora fascista. Giù però con le intenerite
litanie sulle paludi prosciugate e sulle infrastrutture. Cè comunque
dellautentico in tutto ciò. Il sindaco di Roma deve tuttavia ammettere
che laltro fascismo, quello nordico, ovverosia il prezioso alleato
nazionalsocialista, fu, pur con qualche nibelungico arcaismo, ben più
moderno del regime italiano: non si dimentichino le autostrade,
lamministrazione, le Università.
E poi lesercito, la marcia verso il rapido conseguimento della piena
occupazione, i prodromi di un Welfare ariano e solo ariano, i campi di
concentramento assai meglio funzionanti, e letali, dei Lager del duce
collaborazionista. Alemanno, a ogni buon conto, ritiene evidentemente che
la modernizzazione, quella piccola di Mussolini, e verosimilmente anche
quella grande del Führer, sia sempre e comunque una cosa buona e giusta.
Anche il Ku-Klux Klan, forse Alemanno non lo sa, si è espresso, linciando
i neri, a favore della modernità. E il modernissimo businessman Henry
Ford, uno dei più grandi industriali del XX secolo, ha pubblicato e
diffuso più volte, negli Usa, con finalità antisemitiche, «I protocolli
dei Savi dei Sion».
Fini, del resto, nel luglio 1991 dichiarò che «il Msi deve saper essere
anche figlio di puttana». Nel luglio del 1991 che «siamo il Fascismo del
duemila». Nel maggio 1992 che «il fascismo è idealmente vivo». Nel
settembre 1992 che «Mussolini è stato il più grande statista del secolo»,
frase ripetuta ancora nel giugno 1994, a elezioni sdogananti già vinte
insieme a Berlusconi e Bossi. Ora sostiene che si è svincolato dalla
nostalgia. Forse, come ebbe a dire proprio Mussolini - una gran frase con
brividi staliniani, quella del duce - avverte solo la nostalgia del
futuro. Ossia il culto della modernità alemanniana. Ha ragione oggi, come
aveva ragione nel 1992. È questo, quello che abbiamo davanti, il fascismo
del duemila, senza i gas lanciati in Etiopia, senza camicie nere, senza
uno straccio di Hitler con cui fare merenda, ma con turgori xenofobi,
populismi demagogici, uno smandrappato autoritarismo nostalgico non di
Roma 1922 ma forse di Genova 2001, e qualche saluto romano - un
citazionismo postmoderno? - davanti al Campidoglio. Con questo non voglio
dire che si devono girare le spalle alla modernità. Tuttaltro. Ma che si
deve scegliere tra modernità e modernità.
Non ci siamo del resto mossi granché. Norberto Bobbio, infatti, ebbe
precocemente a scrivere il 20 marzo 1994, su la Stampa, che il
berlusconismo, diversissimo per carità dal fascismo storico, è
gobettianamente lautobiografia della nazione. Ossia una malattia morale e
ridanciana che ci ha contagiati tutti. Lautobiografia ha soprattutto
subito inglobato i post-fascisti storici (An ex-Msi), rendendoli veramente
i fascisti del duemila, nuovi, moderni, senza manganello e senza
doppiopetto. Siamo ancora ben dentro tutto questo. Quella parentesi là,
per dirla con Croce, durò ventanni più venti mesi in toto nazificati.
Questa qua, decisamente più soft grazie a Dio, è già durata quattordici
anni, sia pure con qualche interludio. Alla fine le due avranno la stessa
lunghezza.
--
visitate http://www.comunisti-italiani.it/frames/index.htm
http://www.larinascita.org
http://www.italia-cuba.it/associazione/associazione.htm
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it
visitate http://www.comunisti-italiani.it/frames/index.htm
http://www.larinascita.org
http://www.italia-cuba.it/associazione/associazione.htm
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it